GIORNALISMO SPORTIVO IN LUTTO PER LA SCOMPARSA DI ADOLFO SESSA

Un ricordo di Gianfranco Coppola

Era un gigante, non poteva passare inosservato. Per stazza ma anche modo di fare. Adolfo Sessa ha disegnato il percorso della sua vita partendo da Bracigliano, passando per Napoli, dimorando a Milano, puntando su Sanremo, per far rientro a casa, con code professionali a Napoli e soprattutto Salerno, il capoluogo della sua amatissima Bracigliano. Il Mattino, poi il Giorno, infine riviste, e ancora Il Mattino ma stavolta senza i settimanali sportivi, Sport Sud e Sport del Mezzogiorno, che anche dalla capitale del giornalismo copriva con passione. Un legame affinchè la gente della sua terra sapesse che ce l’aveva fatta a sfondare a Milano. La sua carriera è stata caratterizzata dai ritmi di un giornalismo d’altri tempi (se uno clicca su Google o altro motore di ricerca trova che un suo pezzo sugli showman ha segnato una rotta anche nella musica) cioè notizie e notti brave, goliardiche. Il giornalismo non finiva all’ultima chiusura in tipografia. Ma proseguiva nei ristoranti aperti fino a notte inoltrata, nei locali notturni dove spesso gaudenti “penne” flirtavano con le ballerine adocchiate da manager costretti a rincasare ad una certa ora, proibita per chi vive di ordinaria famiglia.

Il giornalista, una volta, era senza orario. E a Napoli andava nei locali notturni. Adolfo è stato anche al centro di episodi grotteschi: subì uno scherzo da Pesaola, che gli confidò che il Napoli stava per acquistare l’argentino Porongo. Sessa scrisse, Marcucci autorizzò, Sport Sud uscì con una bufala colossale che fece, ovviamente, innanzitutto il giro delle redazioni. Da allora fu guerra a Pesaola. Adolfo seguiva sempre i Festival di Sanremo, lo ha fatto per quasi 25 edizioni fino ai primi anni Novanta. E se ne vantava. Al Giorno di Milano era benvoluto da tutti, dai colonnelli e ufficiali di una redazione sportiva che a snocciolarne i nomi fa venire i brividi: Gianni Brera, Gian Maria Cazzaniga, Giulio Signori, Gino Franchetti, Beppe Maseri, Giorgio Reineri, Paolo Ziliani, Franco Grigoletti, Gianni Clerici.

 Brera ribattezzò Sessa l’aurunco, per il profilo che Adolfo amava definire dispari: uno. Mai due facce, scandiva con sorrisi larghissimi. Un personaggio. Quando lasciò il Giorno, del quale era collaboratore fisso ma non redattore, fu scelto da un editore di magazine. Sfogliando le pagine di una rivista per soli uomini, non volgare ma fatta di nudi all’epoca rarissimi, si accorse che gli scatti erano frutto di clic nella sua stanza, o anche nella sua stanza. Loro, i giornalisti, smontavano alle sei di sera, più o meno, essendo periodici, e dalle 7 i fotografi preparavano i set tra divani, sedie, poltrone.

 Carriera avventurosa ma mai banale, chiusa al Mattino dove, riportato da Clodomiro Tarsia, uno dei ragazzi della prima splendida fase da pochi soldi molto divertimento, proponeva pezzi con l’entusiasmo di un ragazzo. A 73 anni è suonata l’ora, un assordante segnale per chi continuerà a ricordarlo sempre col sorriso sulle labbra. Brera avrebbe detto: ti sia lieve la terra, Adolfo.