Napoli maldestro e sfortunato regala tre gol all'Inter (1-3). Gattuso non molla: "Non sono abbattuto perchè la squadra è viva ma non ho la bacchetta magica, ci vuole tempo..."

Tre regali, tre erroracci maledetti: l’Inter incarta, intasca e ringrazia per i tre punti offerti dal Napoli su di un vassoio d’argento. Peggio non poteva andare agli azzurri che malgrado tutta la buona volontà non ce l’hanno fatta a rimettere in sesto il risultato che si è messo sul pesante e cioè sul due a zero in poco più di mezzora con una doppietta di Lukako, dopo una scivolata di Di Lorenzo nella metà campo nerazzurra e una papera di Meret che si è fatto sgusciare il pallone tra le gambe, sempre su conclusione di Lukako, ancora una volta imprendibile nel suo contropiede. Schoccato, colpito a morte in un batter d’occhi il Napoli ha stretto i denti e si prodigato in ogni modo in una tormentata complicata difficilissima operazione di recupero contro una squadra che non a caso è ai vertici massimi della classifica e che ha saputo sfruttare pericolosamente in velocità anche altre occasioni che si sono presentate durante un match giocato sempre in affanno dagli azzurri. In realtà si era anche creata l’illusione di poter riacciuffare il risultato quando Milik in semiscivolata su appoggio di Callejon ha infilato la palla nella porta difesa da Handanovic (1-2, al 39’), un gol che ha dato respiro e speranze al Napoli, caduto però più tardi per la terza volta su di un’ennesima ripartenza dell’Inter. Stavolta una ciabattata di Manolas, una maldestra intercettazione del difensore greco col tacco davanti a Meret, regalava il terzo gol a Lutaro sbucato alle sue spalle, 62’, quanto bastava per chiudere in largo anticipo la sfida al San Paolo dove la Beneamata non vinceva da ventitre anni. Il Napoli e va detto e ribadito che ce l’ha messa tutta, schierato nella migliore formazione possibile con una difesa in emergenza (Di Lorenzo accanto a Manolas e Hysai a destra) a causa dell’assenza prolungata di Koulibaly, e Mario Rui sulla fascia mancina. Centrocampo affidato nell’ordine ad Allan, Fabian Ruiz e Zielinski e più avanti la triade con Callejon, Milik e Insigne. Pressante la reazione degli azzurri anche sul doppio vantaggio interista ma solite e consuete le carenze accusate, dagli errori banali al disordine tattico, alle imprecisioni negli appoggi e nelle occasioni da gol mancate, tutti elementi che hanno favorito l’avversaria che nell’insieme è apparsa molto più organizzata e bene rispetto al Napoli, e micidiale lì davanti, quando si è riversata verso l’area napoletana. In realtà sull’altro fronte, quello difeso da Handanovic, non è apparso evidente alcun progresso, giacchè il Napoli si è perso nelle solite lungaggini senza né capo né coda e senza nessun sbocco concreto, nemmeno quando Gattuso ha cercato di conferire la concretezza mancata facendo entrare Lozano e poi Llorente, trasformando in un 4-2-4 l’inutile assalto della sua squadra, alla terza sconfitta consecutiva al San Paolo, dopo quelle col Bologna e col Parma. Provato a fine partita Rino Gattuso, apparso pressoché sfiduciato: “Sono preoccupato, non abbattuto e non voglio sentir parlare di sfortuna. Non si vince dal 19 ottobre scorso, dobbiamo capire bene cosa dobbiamo fare. Ci siamo fatti infinocchiare quattro, cinque volte. A livello di coperture e movimento si poteva fare qualcosa di più, Fabian vertice basso fa fatica, in realtà ci manca il vertice basso. La difficoltà più grande era che spuntava sempre un buco in mezzo. Non voglio trovare alibi, ma i tre gol subiti ce li siamo fatti da soli. Questa è comunque una squadra di qualità abituata a giocare per l’alta classifica e che non vive da tanto tempo situazioni del genere, però la qualità non ti porta a vincere le partite. Comunque è difficile giocare al San Paolo. Bisogna metterci qualcosa di più a livello di attenzione, annusare il pericolo, essere più attenti e avvelenati. Devo continuare ad entrare nella testa dei giocatori. I tifosi?, si aspettano di più, come posso dire a loro venite a sostenerci?, possono tirarci patate e pomodori ma c’è anche un discorso legato ai Daspo. Sapevo di dover affrontare una situazione del genere. Sono comunque contento di allenare questa squadra. C’è un aspetto positivo, la passione dei giocatori. Stanno dando tutto, per questo non sono abbattuto, ma non ho la bacchetta magica, ci vuole tempo”, una speranza c’è…